Great Resignation e Quiet Quitting: come cambia il mercato del lavoro

Great Resignation e Quiet Quitting: come cambia il mercato del lavoro

Sindrome da burn-out – Esaurimento lavorativo da stress
Decrescita – Lasciare il lavoro e vivere con poco
YOLO Economy – Si vive una volta sola
Great Resignation – Grandi Dimissioni
Quiet Quitting – Abbandono silenzioso
Workation – Lavoro da remoto in vacanza

Parole che diventano trends, per esprimere cambiamenti culturali ed epocali, concetti complessi, sfaccettati del mondo lavorativo.

La sentite anche voi quest’aria di cambiamento?

Sarà la pandemia, la crisi, la guerra,  l’instabilità di governi e mercati ma il mondo del lavoro sta cambiando.

L’anno scorso dai dati del Ministero del lavoro  fra aprile e giugno 2021 quasi mezzo milione di persone ha dato le dimissioni, nello stesso anno in America più di 24 milioni di americani hanno lasciato il loro lavoro, il fenomeno è stato ribattezzato come Great Resignation. Ossia dimissioni di massa. 

Ora un altro termine è diventato virale sui social: il Quiet Quitting, che significa letteralmente “abbandono silenzioso” del lavoro. Questo fenomeno descrive i lavoratori che hanno scelto di limitarsi a fare il minimo indispensabile sul posto di lavoro. 

Per minimo indispensabile si intende: niente più orari assurdi in ufficio, niente più straordinari, niente più risposte alle chiamate fuori dall’orario di ufficio, niente più attività che non rientrano in quelle di competenza.

In realtà questo filone di pensiero pone le basi su un cambiamento sociale che è avvenuto già da almeno una decina di anni, ricordo di aver seguito il fenomeno della descrescita, simbolicamente rappresentato dal manager che lasciava il suo prestigioso posto di lavoro dirigenziale per fare il giro del mondo in barca e vivere il resto della vita in modo da avere meno esigenze economiche e non dover più lavorare. Fino ad arrivare alla YOLO Economy – You Only Live Once – Si vive una volta sola, io ne ho parlato qui su Instagram.

Queste tendenze parlano di un risveglio delle persone che hanno rivalutato le loro priorità principali e compreso quanto ormai sia il tempo la moneta più preziosa da preservare, sono espressione di un’attenzione sempre maggiore al tema del work-life balance, la ricerca di un equilibrio tra la vita e il lavoro e dall’altra parte sono espressione di una profonda crisi evolutiva delle aziende.

La pandemia in particolare ci ha mostrato quanto siamo fragili e quanto nello stesso tempo sappiamo essere flessibili, lo smart working, i lockdown, le questioni etiche hanno scoperchiato il vaso di pandora e per molte persone è arrivato il momento di fare un bilancio, molti non sono più disposti a rinunciare alla propria vita lavorando lontano da casa e dalla famiglia, sprecando molto tempo in viaggi e spostamenti o sacrificandosi con lunghi orari di lavoro e richieste extra. 

Uno dei TikTok diventati virali e che possono essere una sorta di “manifesto” delle istanze del Quiet Quitting è di Zaid Khan, ingegnere di New York. Nel video, lui stesso definisce il fenomeno con queste parole:

Si continua a svolgere i propri compiti, ma non si aderisce più alla cultura della competizione verso se stessi e gli altri, secondo la quale il lavoro deve essere la nostra vita“. Ed infine: “Il tuo valore come persona non è definito dal tuo lavoro“.

Questi fenomeni dimostrano che c’è ancora tanto lavoro da fare in Italia nelle aziende per cambiare prospettiva e rinnovarsi per non perdere le persone. Migliorare la comunicazione, la considerazione e la valorizzazione delle risorse umane, considerare l’approccio a formule di lavoro più flessibili e che diano responsabilità, stimoli e possibilità di crescita senza puntare tutto sul controllo e la chiusura.

Spesso in azienda manca una strategia e una visione che permetta di sfruttare i talenti e le competenze delle persone, c’è ancora un punto di vista arcaico basato sul controllo e sulla poca gratificazione, ci sono ancora troppi capi e pochi leader, non c’è attenzione a un percorso di crescita attraverso strumenti come il coaching aziendale che potrebbe aiutare i manager, i dirigenti e gli amministratori delegati a migliorare doti come leadership, delega e fiducia, skill importantissime se si vuole davvero evolvere e non chiudersi predestinandosi al fallimento.

La società americana Gallup ha realizzato uno studio intitolato “State of the global workplace 2022 Report“, da cui risulta che solo il 21% dei dipendenti è davvero coinvolto nelle proprie mansioni, e solo il 33% si considera in una condizione di crescita e benessere. Il 44% si sente stressato, record di sempre, e la maggioranza non ritiene che la sua occupazione abbia davvero uno scopo o un significato profondo, o ancora prova mancanza di fiducia nel futuro e vive nello spettro di un possibile fallimento.

Dall’altro canto spesso le persone non sono consapevoli delle loro risorse ma anche dei loro limiti, non riescono a prendersi la responsabilità di comprendere che è possibile migliorare le proprie skill e cambiare punto di vista, a volte basta solo cambiare prospettiva per trovare ciò che ci motiva nel lavoro.

Io, nonostante riconosca gli impatti critici, vedo questi cambiamenti come strade verso un’evoluzione, potrà essere faticosa ma comunque sarà un’evoluzione di consapevolezza, soprattutto da parte delle aziende. Se sapremo sfruttare questi indicatori in modo positivo ci sarà un salto di qualità importante delle dinamiche lavorative e del mercato, io metto al centro la fondamentale visione che sempre più persone ed enti scoprano quanto la crescita personale sia un requisito per la crescita stessa e l’evoluzione sana di tutti e che in futuro si ricorra sempre più a percorsi volti a incrementare queste soluzioni per affrontare cambiamenti e passaggi.

Cosa puoi fare se senti di non stare più bene nel tuo lavoro?

Investi in un percorso di coaching

Valuta di fare un percorso guidato di consapevolezza delle tue risorse e competenze, per ragionare sulla tua direzione di vita e sulle possibili scelte alternative.

Valorizza le esperienze precedenti

Fai un’analisi delle esperienze precedenti lavorative, ogni esperienza è preziosa, ti ha insegnato delle lezioni, ti ha permesso di sviluppare skill trasversali e di conoscerti meglio. Le competenze e le skill apprese potranno essere riutilizzate in altri progetti di vita, è importante quindi focalizzarle e consolidarle come risorse su cui fare affidamento.

Fai un'analisi lucida ma anche emotiva della situazione

Fai una valutazione del livello di soddisfazione lavorativa, osserva le dinamiche che ti fanno soffrire, le possibilità di crescita e quelle di portare un contributo che ti dia un senso di scopo e ti faccia sentire motivata, utile.
Valuta le possibili alternative a partire dall'immaginare il tuo ruolo in altri contesti, poi visualizza un cambio di ruolo o di professionalità.
Non è necessario fare colpi di testa e cambiare in poco tempo, meglio fare valutazioni e analisi di cosa si potrebbe migliorare ed eventualmente pianificare attentamente il salto in altri contesti o professioni.

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